Testo di G. Garbini
L'eccezionale documento epigrafico qui presentato dalla signora
Giuseppina Capriotti si fa notare innanzi tutto per la
netta differenza di lavorazione che distingue le varie
parti. I tre geroglifici egiziani della faccia B sono
tracciati con mano sicura e con una certa eleganza, come
mostra la schematica ma pur naturalistica figura
delluccello; anche la loro disposizione nello spazio
risulta armonicamente equilibrata. Appare evidente che
l'incisore era un artigiano di notevole abilità.
Sulla faccia opposta la situazione è completamente
diversa; che il disegno sia stato tracciato da una mano
maldestra è rivelato immediatamente dalla scarsa
precisione con cui è stato risparmiato lo spazio
sui lati corti e con cui sono stati disposti i dieci
cerchietti; anche le due linee parallele che dividono lo
spazio centrale in due riquadri hanno un andamento
approssimativo, non diversamente da quelle che in maniera
irregolare corrono sui lati lunghi. Grossolano appare
anche il tracciato dei singoli segni che occupano il
riquadro maggiore, mentre nel riquadro minore i segni
appaiono tracciati da una mano più sicura di quella
che ha riempito il riquadro maggiore. Anche in questo
minuscolo oggetto si ritrovano le differenze stilistiche
che intercorrono tra i prodotti originali egiziani e le
loro rozze imitazioni eseguite in territorio palestinese.
Se è
stato relativamente agevole riconoscere la brevissima
epigrafe egiziana sulla faccia B, non è invece
possibile offrire una lettura soddisfacente dei due
registri della faccia A. La signora Capriotti ha avanzato
l'ipotesi che nel riquadro maggiore possano ritrovarsi,
sia pure con un aspetto più irregolare, gli stessi
geroglifici presenti sulla faccia B; tale lettura appare
plausibile, ma non si può escludere la possibilità
che si tratti di simboli grafici appartenenti a un diverso
sistema di scrittura. Il segno sulla destra che in
egiziano potrebbe essere i offre qualche analogia
con il segno RI della cosiddetta lineare B, con il tratto
inferiore, costituito da un angolo e una lineetta
orizzontale, scritto separatamente sulla sinistra anziché
sotto. Anche il possibile geroglifico mn potrebbe
essere identificato con un segno della lineare B, e
precisamente con NO, formato da quattro tratti verticali
poggianti su uno o due trattini orizzontali poggianti a
loro volta, ma non sempre, sopra un piccolo angolo (Fig.
4). La presenza o meno di questi tratti grafici
minori e la loro diversa posizione rispetto al nucleo
grafico principale, documentate dalle varianti grafiche
riportate nella figura ora citata, rendono plausibile una
identificazione formale del segno al centro del riquadro
maggiore dellamuleto con il miceneo NO (l'angolo
in basso a destra potrebbe appartenere sia al primo sia al
secondo dei due segni). Identità di forma non
significa ovviamente identità di lettura, anche
perché non conosciamo i principi grafici
soggiacenti a questo tipo di scritture: principi
presumibilmente più complessi di quanto si ritenga,
non essendo possibile considerare varianti puramente
grafiche lasciate alliniziativa dei singoli scribi
le diverse forme con cui si presentano, ad esempio, i
segni DI, ME, NE., I, JO, PI, A3, NO, RA, KU(27).
A quanto è dato vedere, la scrittura della faccia A
del presente amuleto e quella dei due sigilli filistei di
cui parleremo tra poco offre esempi di composizione
grafica analoga ma in misura maggiore rispetto alla
micenea lineare B.
Nel riquadro
minore della faccia A si vede sulla destra un segno che
richiama il primo geroglifico della faccia B ma che nello
stesso tempo è ben rapportabile al miceneo WO; a
sinistra è ben disegnata una forchetta a quattro
punte, che trova riscontro nella parte superiore sia del
miceneo NO sia di un segno ripetuto due volte nel sigillo
cilindrico di Asdod (Fig. 4).
Sfuggono invece a qualsiasi confronto i due trattini
obliqui che si trovano tra i due segni; potrebbe trattarsi
di particolari grafici da unire a uno o a entrambi i segni
oppure di indicazioni numeriche o di altra natura: bisogna
infatti tener presente che ci troviamo di fronte a un
amuleto, quindi a un oggetto con valore magico, e non a un
semplice testo scritto.
In
conclusione, si può affermare che pur sottraendosi
a qualsiasi tentativo di lettura i segni visibili sulla
faccia A dellamuleto ci riportano a un tipo di
scrittura che potremmo definire «miceneizzante»
con forti affinità con la lineare B. Ora, ritrovare
insieme su un unico oggetto una scritta egiziana e segni
riferibili, anche se in maniera non precisa, alla
scrittura micenea ci riporta a un orizzonte culturale ben
determinahile storicamente: quello della Palestina
posteriore all'insediamento dei cosiddetti popoli del
mare, i quali conobbero un processo abbastanza rapido di
acculturazione con lambiente locale. In altri
termini, l'amuleto di Cupra Marittima rivela
immediatamente la sua origine palestinese, che per il
periodo compreso tra il XII e il X sec .a.C. vuol dire di
fatto filistea (nonostante le apparenze, i termini
palestinesee filisteosono
perfettamente equivalenti sul piano linguistico).
L'elemento che costituisce il più saldo legame
tipologico tra l'amuleto di Cupra e il sigillo a stampo di
Asdod è il fatto che la superficie scritta dei due
oggetti è divisa in due riquadri di diverse
dimensioni e che i segni in questi contenuti sono disposti
con diverse direzioni di scrittura: nei sigillo di Asdod i
due segni sulla sinistra appaiono ruotati di 90o rispetto
a quelli sulla destra, nell'amuleto di Cupra la rotazione
e di 180o se sono valide l'nterpretazione
egiziana o quella miceneizzante per il
riquadro maggiore; non si può però escludere
una possibilità di lettura diversa dando
alloggetto una rotazione di 90o.
Nonostante
tutte le incertezze interpretative, appare difficile
dubitare che l'amuleto di Cupra Marittima provenga in ogni
caso da un ambiente nel quale a una dominante cultura
egiziana si trova affiancata una cultura di origine
egeo-anatolica quale era appunto quella che si manifestò
in Palestina dall'inizio del XII sec. a.C. fin verso il X
secolo dopo l'insediamento nella regione dei vari popoli
del mare; tra questi ben presto emersero, militarmente e
politicamente, i filistei la cui origine cretese,
esplicitamente affermata dall'Antico Testamento, è
stata largamente confermata dallo studio della loro
cultura(28). Una presenza
filistea sulla costa marchigiana tra la fine del Il e
linizio del I millennio a.C., suggerita dal toponimo
Asculum(29), incomincia perciò
a diventare qualcosa più di un'ipotesi, tanto più
che le fonti antiche concorrono nell'indicare proprio
nella città di Ascalona la protagonista
dell'espansione commerciale levantina nel Mediterraneo tra
la fine del Il e linizio del I millennio a.C.
L'importanza commerciale dell'Adriatico nel lI millennio
a.C. era affidata non soltanto alla via dell'ambra ma
anche e specialmente a quella dei metalli che venivano
dall'Europa settentrionale, come aveva già rilevato
a suo tempo Gordon Childe(30):
un commercio che interessava particolarmente le città
fenicie, come dimostrano sporadici ma interessanti
documenti epigrafici riferibili al XIII-XII sec .a.C(31).
(G. Garbini)
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