PROFILI E FIGURE
del patriottismo marchigiano

GREGORIO POSSENTI

Fra gli episodi più audaci e mèmorabili della Giovane Italia nelle Marche, si ricorda ancora confusamente da pochi vecchi la fuga dei patrioti abruzzesi Filippo Forcella e Raffaele Castiglioni, avvenuta da Portocivitanova nell’autunno del 1837. Capi del moto insurrezionale di Penne, essi doveano subire la tragica sorte dei loro sette concittadini fucilati a Teramo il 21 Settembre di quell’anno; ma, nascosti in un barroccio carico di paglia, erano riusciti a lasciare il regno di Napoli ed a rifugiarsi a Cupramarittima (chiamavasi allora Marano) presso i compagni marchigiani della Giovane Italia. n Questi prima li misero al sicuro a Ripatransone nel convento dei cappuccini, fra i quali i nostri cospiratori contavano amici fidati; poi, compiuti i preparativi necessari, li fecero ritornare a Cupramarittima onde imbarcarli per Corfù. Ma sul meglioo un miserabile padrone di barca, per gelosia di mestiere, li denunziò alla polizia pontificia, che mandò subito numerosi agenti per impedire l’imbarco ed arrestarli ad ogni costo. I due patrioti erano ormai perduti, quando l’incendio di una casa provocato ad arte fece accorrere popolazione ed agenti, ed essi in quella momentanea confusione poterono fuggire a Portocivitanova dove finalmente s’ imbarcarono.

Chi ebbe parte principale in questo episodio, che strappò due vittime alla reazione borbonica, fu Gregorio Possenti, una delle figure più tipiche e luminose dell’antico patriottismo marchigiano.

Nato a Cupramarittima il 4 Gennaio 1803, egli fece i primi studi nel seminario di Ripatransone e nel liceo di Fermo. Ma quelli erano anni più di cospirazione che di studio; ed il Possenti, insieme ai fratelli maggiori Giovanni ed Eusebio, diede giovanissimo il proprio nome alla Carboneria, le cuiVendite erano allora numerose e potenti in tutto l’Ascolano, tanto che verso il 1820 (ci scrive l’illustre avv. Giuseppe Speranza) la sola Grottammare contava cento Carbonari, e venti ne avea la piccola Cupramarittima.

Nel principio del 1821, appena proclamata a Napoli la costituzione spagnola, troviamo il Possenti nella grande riunione che i Carbonari tennero nella Villa Boccabianca (tra Cupramarittima e Pedaso) per organizzare, d’accordo coi liberali dell’Abruzzo, quel tentativo patriottico, che per il pronto accorrere da Fermo delle truppe pontificie, fu soffocato a Ripatransone, dopo esser riuscito a proclamare la costituzione ad Ancarano, ad Acquaviva Picena e ad Offida.

Verso il 1827 egli andò a stabilirsi per qualche anno a Firenze, ove strinse amichevoli relazioni con tutti i più eminenti patrioti che vivevano in quelle colte città, specialmente coi principi Girolamo e Gioacchino Bonaparte e col conte Alessandro Spada; e vi conobbe pure Demetrio Curcumellis, nel 1837 capo del municipio di Corfù, al quale potè cosi raccomandare i due profughi Forcella e Castiglioni. Tornato nelle Marche, il Possenti prese gran parte alla rivoluzione del 1831, ed era col generale Sercognani, quando questi nella casa Bassotti di Cupramarittima ricevette le deputazioni dei liberali di Sambenedetto, di Grottammare, di Massignano e di altri comuni vicini. Vinta la rivoluzione per l’intervento austriaco, egli fu costretto per molti giorni a rimaner nascosto presso una famiglia clericale di Carassai.

Dopo il 1831 s’inscrisse alla Giovine Italia, divenne uno dei suoi più attivi ed intelligenti cospiratori, e fu specialmente tra coloro che contribuirono a tenere uniti i patrioti delle Marche con quelli dell’Abruzzo. Luogo abituale delle riunioni segrete fu per molti anni il casino dei fratelli Giuseppe e Carlo Malerbi di Montecosaro, casino che sorge nel territorio di Cupramarittima vicino alla Villa Boccabianca.

Nel 1848, appena proclamata la guerra contro l’Austria, il Possenti partì coi legionari romani per la campagna del Veneto, portando con sé il fratello Eusebio, l’amico Carlo Malerbi (l’eroico ferito di Vicenza) e molti altri giovani di Cupramarittima e di Massignano. Ebbe così la gloria di partecipare alla difesa di Vicenza, di Venezia e di Roma, dando prove di tale valore che fu promosso al grado di tenente in Venezia ed a quello di capitano in Roma. Eloquenti e gloriosi documenti della campagna ci restano ancora alcune sue lettere scritte dal campo, tutte vibranti di santo entusiasmo e di magnanima ira, che figureranno degnamente nella Mostra del Risorgimento della prossima Esposizione regionale.

Scoraggiato e disilluso per la caduta della Repubblica Romana, desiderò per un momento di andare in esilio. Ma accortosi che questo era desiderato dalla polizia pontificia, e che l’opera sua sarebbe riuscita più utile rimanendo nelle Marche preferì ritornare a Cupramarittima, dove subito ricevette l’ordine di non muoversi senza speciale autorizzazione del governo. Ordine che non impedì tuttavia al Possenti di cospirare più che mai, e nel 1857 di recarsi perfino a Roma per ragioni patriottiche.

Nel 1860 organizzò con Francesco Saverio Grisei e Pier Francesco Frisciotti il battaglione dei Cacciatori del Tronto, che tanto efficacemente aiutarono l' Esercito Italiano nella liberazione delle Marche, come dimostra lo Speranza in una sua interessante memoria storica sugli avvenimenti di quell’anno.

Col trionfo dell' Unità d' Italia finì necessariamente la vita di cospiratore e di soldato del Possenti, vita durata con rara costanza e con fede incrollabile per oltre quarant’anni. Ma, quantunque ormai vecchio e stanco, non riposò per questo. Ché sindaco per quasi cinque lustri della sua diletta Cupra, consigliere e deputato provinciale di Ascoli, membro influente di associazioni umanitarie, egli consacrò il rimanente della sua esistenza al bene del proprio paese, e sempre colla stessa vigorosa energia, colla stessa abnegazione, cogli stessi sentimenti democratici e anticlericali.

Onorato dell’amicizia di personaggi illustri e della stima di quanti lo conobbero, morì povero e vecchissimo il 25 Novembre 1887. Per rispetto alla sua ultima volontà, i funerali furono puramente civili; vi parteciparono veterani, amici ed operai di parecchi paesi. Ed al lutto delle Marche volle associarsi con memore pensiero anche l’Abruzzo gentile e patriottico, come dichiarò il Corriere Abruzzese di Teramo.

Giovanni Spadoni

(dalla Rivista ‘L’Esposizione Marchigiana” n. 13 deI 1905)

home